Lo Hobbit e i maledetti 48 fotogrammi al secondo

Ad aprile di quest’anno scrissi del ‘problema’ dei 48 fotogrammi al secondo. Adesso che Lo Hobbit – Un Viaggio Inaspettato è nelle sale possiamo tornare sull’argomento con maggiore cognizione di causa. Non avendo ancora visto il film, però, non posso aggiungere molto altro a quanto già detto, al contrario di Mike Ryan dell’Huffington Post che, dopo aver visto il film, scrive che le immagini di una pellicola (si fa per dire) a 48 fotogrammi al secondo sono troppo realistiche:

It’s possible for an image to look so clear that it no longer looks real. Or so real that it takes you out of the film. As in: that film set looks like … a film set. [...] Quite a few things don’t look great in 48 FPS. Most of the scenes that take place outdoors look fantastic, but indoors it was difficult to stop being conscious of the fact that we were staring at a movie set.

Che è più o meno quello scrissi io.

Cito quindi un recente post di Stu Maschwitz (da leggere per intero, contiene informazioni molto importanti) che a mio avviso è quello in cui la questione viene descritta nel modo più sensato:

Filmmakers were not content to make movies with video cameras until those cameras could shoot 24p, because video, with its many-frames-per-second1, looks like reality, like the evening news, like a live broadcast or a daytime soap opera; whereas 24p film, by showing us less, looks somehow larger than life, like a dream, like a story being told rather than an event being documented. This seemingly technical issue turns out to have an enoumous emotional effect on the viewer.

Ne riparliamo dopo che avrò visto il film.


  1. Si riferisce ai 50i o 60i televisivi che, nell’esperienza di visione, equivalgono più o meno ai 48p di Peter Jackson.

Scritto da il 4/12/2012 in Filmmaking.